CHIESA SANTI GIACOMO E FILIPPO
LA CHIESA DEI SANTI GIACOMO E FILIPPO
(Ovidia Siccardi - Mario Vassallo)
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L'impianto della chiesa è di tipo basilicale, a tre navate e tre absidi, di cui le due minori sono a sezione semicircolare, mentre quella centrale, a somiglianza di quanto riscontrato nella Cattedrale di Albenga, ha per sezione un arco di cerchio a sesto oltrepassato.
Nell'ideare lo spazio l'architetto ha ripetuto dimensioni tramandate dalla più remota antichità: la larghezza sta alla lunghezza quanto l'unità sta alla radice quadrata di 2; sino ai gradini del presbiterio l'intero spazio è inscritto in un quadrato; la navata centrale è larga il doppio di quelle laterali.
La lunghezza massima, eccettuato il protiro, é di ml 22,70, mentre la larghezza è di ml 13,40; la navata centrale ha una luce di ml 5,40 e le laterali luci di ml 2,80 e ml 2,70.
La Chiesa dei SS. Giacomo e Filippo é un edificio costruito in conci regolari di pietra di Capo Mele, lisci e sovrapposti in corsi regolari con sottilissimi giunti.
La facciata é inscrivibile entro le proporzioni di un quadrato e riflette un gusto per ritmo e geometria pura, tipico dell'architettura tardo romanica ligure, ormai influenzata da goticismi, riscontrabili nella grande polifora centrale.
Le fasce bianche e nere che ornano la facciata indicano uno stretto legame con la tipicità genovese, impostasi anch'essa insieme alla conquista da parte della Repubblica.
Lo spartito della fronte principale è particolarmente interessante per la composizione dei suoi elementi in quanto, a differenza di ciò che accade nelle normali architetture sacre coeve, le lesene che racchiudono la parte centrale non scendono sino a terra, ma si interrompono all'altezza degli archetti pensili, i quali sottolineano le falde delle navate laterali.
Tali lesene sono unite inferiormente da una modanatura orizzontale, che serve a chiudere gli spazi così definiti ed a creare una continuità nell'effetto chiaroscurale ottenuto, al fine di marcare maggiormente l'azione di collegamento tra la serie superiore e la serie inferiore di archetti.
La presenza della grande finestra centrale ad arco ogivale, caratteristica dell'architettura gotica ligure, alleggerisce tutta la facciata arricchita dal protiro sottostante, di forme ancora decisamente romaniche (un tempo era decorata con le effigi di due agnelli pasquali).
La cordonatura ottagonale che sottolinea l'arco e le colonnine laterali, presenti in detta finestra, è originale.
Le due aperture in corrispondenza delle navate laterali, di carattere e forma completamente diverse, ma simmetriche e perfettamente inserite architettonicamente grazie al posizionamento delle imposte degli archi in linea con la sottile cimasa del protiro.
L'apertura di sinistra è bifora con colonnine, cordonatura ottagonale di contorno ed archetti interni monolitici in marmo, decorati l'uno con tralci e l'altro con foglie.
La lunghezza massima, eccettuato il protiro, é di ml 22,70, mentre la larghezza è di ml 13,40; la navata centrale ha una luce di ml 5,40 e le laterali luci di ml 2,80 e ml 2,70.
La Chiesa dei SS. Giacomo e Filippo é un edificio costruito in conci regolari di pietra di Capo Mele, lisci e sovrapposti in corsi regolari con sottilissimi giunti.
La facciata é inscrivibile entro le proporzioni di un quadrato e riflette un gusto per ritmo e geometria pura, tipico dell'architettura tardo romanica ligure, ormai influenzata da goticismi, riscontrabili nella grande polifora centrale.
Le fasce bianche e nere che ornano la facciata indicano uno stretto legame con la tipicità genovese, impostasi anch'essa insieme alla conquista da parte della Repubblica.
Lo spartito della fronte principale è particolarmente interessante per la composizione dei suoi elementi in quanto, a differenza di ciò che accade nelle normali architetture sacre coeve, le lesene che racchiudono la parte centrale non scendono sino a terra, ma si interrompono all'altezza degli archetti pensili, i quali sottolineano le falde delle navate laterali.
Tali lesene sono unite inferiormente da una modanatura orizzontale, che serve a chiudere gli spazi così definiti ed a creare una continuità nell'effetto chiaroscurale ottenuto, al fine di marcare maggiormente l'azione di collegamento tra la serie superiore e la serie inferiore di archetti.
La presenza della grande finestra centrale ad arco ogivale, caratteristica dell'architettura gotica ligure, alleggerisce tutta la facciata arricchita dal protiro sottostante, di forme ancora decisamente romaniche (un tempo era decorata con le effigi di due agnelli pasquali).
La cordonatura ottagonale che sottolinea l'arco e le colonnine laterali, presenti in detta finestra, è originale.
Le due aperture in corrispondenza delle navate laterali, di carattere e forma completamente diverse, ma simmetriche e perfettamente inserite architettonicamente grazie al posizionamento delle imposte degli archi in linea con la sottile cimasa del protiro.
L'apertura di sinistra è bifora con colonnine, cordonatura ottagonale di contorno ed archetti interni monolitici in marmo, decorati l'uno con tralci e l'altro con foglie.
L'apertura di destra è monofora, caratterizzata inferiormente da un piano molto inclinato e sporgente dal filo del paramento e superiormente da un controarco in laterizio decorato da elementi geometrici con rifiniture floreali, che contorna l'arco superiore ogivale a conci bianchi e neri.
Il ritmo cromatico così ottenuto, caratteristico del gotico ligure, è ripetuto anche negli archi delle altre finestre della facciata.
Il protiro, definito superiormente da una copertura piana sottolineata da una piccola modanatura, ha una sensibile strombatura; i quattro gradini sono decorati da colonnine in marmo, collegate superiormente da cordonature ottagonali, inserite negli archi a tutto sesto risultanti.
Nella lunetta dello stesso sono visibili i resti di un affresco non più decifrabile in cui, secondo quanto riportato nel “Sacro e Vago Giardinello”, era rappresentata l’effigie della Regina degli Angeli in mezzo ai santi titolari e di San Giovanni Evangelista.
Il protiro, definito superiormente da una copertura piana sottolineata da una piccola modanatura, ha una sensibile strombatura; i quattro gradini sono decorati da colonnine in marmo, collegate superiormente da cordonature ottagonali, inserite negli archi a tutto sesto risultanti.
Nella lunetta dello stesso sono visibili i resti di un affresco non più decifrabile in cui, secondo quanto riportato nel “Sacro e Vago Giardinello”, era rappresentata l’effigie della Regina degli Angeli in mezzo ai santi titolari e di San Giovanni Evangelista.
Un solo fusto delle varie colonnine è originale, mentre le basi sono tutte originali e solo due capitelli sono stati rifatti.
Nel fronte a sud, la parte relativa alla navata laterale, essendo addossata alla scarpata e quindi non in vista, non è stata decorata, lungo la linea di gronda, con la serie di archetti pensili, mentre tale decorazione è stata attuata in corrispondenza della gronda del corpo centrale.
Le monofore, profonde come feritoie, l'abbraccio continuo degli archetti pensili, l'occhio scuro e vuoto del rosone, le due croci nere scavate nel muro, sono tutti elementi di un linguaggio romanico.
La facciata a nord, maggiormente curata per la sua posizione fronteggiante l'ingresso del Castello, è dotata, per una maggiore comodità dei fedeli, di una doppia scala di accesso e di una porta ad arco ogivale, decorata con due colonnine in marmo i cui capitelli sono mancanti e sostituiti da murature in mattoni.
Tale porta, sopraelevata rispetto al piano stradale, è accessibile mediante una scalinata a due rampe.
Essa è costituita da gradini in massello, i quali creano un buon effetto plastico, aggettando sempre più, dal muro longitudinale di appoggio, in funzione della loro altezza dal suolo.
Nelle absidi, situate ad est, si trovano ancora frammisti gli elementi gotici e romanici, come lo schema di tradizione lombarda che si accompagna ad archetti pensili a sesto acuto.
Le monofore, profonde come feritoie, l'abbraccio continuo degli archetti pensili, l'occhio scuro e vuoto del rosone, le due croci nere scavate nel muro, sono tutti elementi di un linguaggio romanico.
La facciata a nord, maggiormente curata per la sua posizione fronteggiante l'ingresso del Castello, è dotata, per una maggiore comodità dei fedeli, di una doppia scala di accesso e di una porta ad arco ogivale, decorata con due colonnine in marmo i cui capitelli sono mancanti e sostituiti da murature in mattoni.
Tale porta, sopraelevata rispetto al piano stradale, è accessibile mediante una scalinata a due rampe.
Essa è costituita da gradini in massello, i quali creano un buon effetto plastico, aggettando sempre più, dal muro longitudinale di appoggio, in funzione della loro altezza dal suolo.
Il complesso absidale è la parte esterna più interessante, in quanto insieme architettonico di armoniose proporzioni, mantenutosi integro nei secoli.
Gli archetti delle monofore delle absidi, ad eccezione di quello dell'abside della navata sinistra, sono monolitici ma, curiosamente, sono stati graffiti in modo da simulare l'esistenza di vari conci.
L'interno dell'edificio ha, con soluzione caratteristica dell'architettura romanica, il piano del pavimento situato ad una quota inferiore di 80 cm a quella del portale di ingresso, mentre il presbiterio è rialzato di 68 cm rispetto al pavimento e la zona delle absidi di un ulteriore gradino di 15 cm.
Gli elementi portanti verticali, pressochè equidistanti, sono costituiti da tre pilastri ottagonali e da cinque colonne: quelli esterni al presbiterio sono posati su plinti emergenti dal pavimento per un'altezza variabile dai 3 cm ai 14 cm; il primo a sinistra, invece, risulta incassato.
L'interno dell'edificio ha, con soluzione caratteristica dell'architettura romanica, il piano del pavimento situato ad una quota inferiore di 80 cm a quella del portale di ingresso, mentre il presbiterio è rialzato di 68 cm rispetto al pavimento e la zona delle absidi di un ulteriore gradino di 15 cm.
L'ultima colonna a destra non ha plinto ne' base, mentre il pilastro ottagonale, posto di fronte, ha una piccola base che collega anche una appendice a sezione semicircolare situata sul lato verso la navata centrale.
Le colonne sono completate da capitelli cubici decorati con cordonature ed alcuni, anche con figure scolpite molto grossolanamente.
I pilastri ottagonali, invece, sono decorati solamente da modanature che ne contornano la sommità.
Gli archi di sostegno, muniti di controarchi aggettanti, sono ogivali e presentano una sensibile falcatura; i primi, vicino all'ingresso, sono impostati da un'altezza superiore agli altri e quindi, in corrispondenza delle prime colonne, presentano sensibili piedritti sottolineati da modanature orizzontali.
BASAMENTI
CAPITELLI
PARTICOLARI DELL'ESTERNO DELLA CHIESA
La copertura in legno, rifatta nei restauri del 1903, presenta caratteristiche diverse dalla navata destra alle navate centrale e sinistra: infatti, nella prima la lavorazione è molto più accurata e cerca di ripetere i motivi dei cassettonati medioevali, mentre nelle altre gli elementi costitutivi sono mantenuti nella loro semplice forma strutturale.
Nella navata a sinistra sono state lasciate, a ricordo della precedente copertura, le imposte della volta a botte demolita durante il lavoro di restauro.
Le opere compiute per riaprire al culto la chiesa nel 1836, furono probabilmente, a quanto risulta dallo schizzo di F. Musso eseguito nel 1835, la copertura a volta delle navate, che nello stesso appaiono scoperchiate, e l'utilizzazione, come campanile della contigua torre della cinta muraria, opportunamente restaurata ed unita all'edificio religioso a mezzo di un corpo di collegamento sorpassante la strada esistente tra i due edifici.
Nel 1883 il D'Andrade, nel suo lavoro di documentazione dei monumenti liguri, eseguì anche alcuni schizzi dal vero della chiesa e di vari suoi elementi costruttivi e, probabilmente, iniziò lo studio per riportarla alle sue forme originali.
I lavori di restauro ebbero inizio il giorno 12 Gennaio 1903, come risulta da una relazione del De Marchi, redatta il 13 Gennaio 1903, esistente presso la Soprintendenza ai Monumenti per la Liguria, in cui si informa l'Ufficio che il giorno precedente si era iniziata la demolizione della volta della navata destra, ed era stata trovata, nel muro perimetrale, la radice del tetto preesistente.Il restauro fu completato con il rifacimento della copertura in legno, con lo scrostamento degli intonaci eseguiti in tempi posteriori, con il collocamento in opera dei fusti e dei capitelli mancanti alle colonnine del protiro.
Strutturalmente la chiesa è costruita in pietra da taglio, ricavata nelle vicine cave di Capo Mele e, grazie a questa pietra particolarmente resistente, l'intero edificio non ha in alcun modo sofferto per le ingiurie del tempo, anche in quelle porzioni, come nella parete a mezzogiorno, dove le murature perimetrali avevano pure funzione di muro di sostegno della terra adiacente.
Nel corpo delle murature non sono percepibili lesioni o cedimenti. e ciò è giustificabile, oltre che per la buona esecuzione delle murature, per il fatto che tutta la chiesa è fondata sulla viva roccia, la quale affiora, non solo esternamente sul lato verso nord, ma anche internamente presso la parete a sud, in corrispondenza della scalinata del presbiterio.
Nel corpo delle murature non sono percepibili lesioni o cedimenti. e ciò è giustificabile, oltre che per la buona esecuzione delle murature, per il fatto che tutta la chiesa è fondata sulla viva roccia, la quale affiora, non solo esternamente sul lato verso nord, ma anche internamente presso la parete a sud, in corrispondenza della scalinata del presbiterio.
Nel 1883 il D'Andrade, nel suo lavoro di documentazione dei monumenti liguri, eseguì anche alcuni schizzi dal vero della chiesa e di vari suoi elementi costruttivi e, probabilmente, iniziò lo studio per riportarla alle sue forme originali.
I lavori di restauro ebbero inizio il giorno 12 Gennaio 1903, come risulta da una relazione del De Marchi, redatta il 13 Gennaio 1903, esistente presso la Soprintendenza ai Monumenti per la Liguria, in cui si informa l'Ufficio che il giorno precedente si era iniziata la demolizione della volta della navata destra, ed era stata trovata, nel muro perimetrale, la radice del tetto preesistente.Il restauro fu completato con il rifacimento della copertura in legno, con lo scrostamento degli intonaci eseguiti in tempi posteriori, con il collocamento in opera dei fusti e dei capitelli mancanti alle colonnine del protiro.
Nel 1936 furono affrontati i problemi riguardanti la sistemazione della grande apertura della facciata e della conservazione del corpo ottocentesco di collegamento con la torre, anche se non furono risolti nel modo migliore.
Infatti, per quanto riguarda la pentafora della fronte principale, si può osservare che il restauro di reintegrazione, di chiaro carattere stilistico, non è stato condotto secondo le moderne teorie del restauro scientifico, per cui la nuova opera avrebbe dovuto essere eseguita in modo da servire solamente a definire l'organismo di cui era parte integrale, senza alcuna concessione all'invenzione, in modo da impedire qualsiasi perplessità od errore.
La preesistenza di tale pentafora, unico esempio che se ne avrebbe nelle chiese liguri, a detta del Prof. Ortelli, che eseguì i lavori per conto della Soprintendenza, sarebbe giustificata dalle impronte delle basi delle colonnine, riscontrate sul piano d'imposta.
Per quanto riguarda il corpo di collegamento torre - chiesa, è evidente che la sua demolizione può essere giustificata, sul piano architettonico, dal desiderio di eliminare un corpo estraneo, inserito in tempi abbastanza recenti.
Si è così perso un elemento funzionale che, dopo l'eliminazione della scala originale di accesso, documentata nell'acquerello cui prima si era fatto riferimento, permetteva di accedere alla torre senza ricorrere all'uso di mezzi di fortuna.
Una ulteriore opera di completa manutenzione della chiesa, infine, venne eseguita nel 1964 a cura dell'Istituto degli Studi Liguri, comprendendo anche il restauro della vicina ex torre campanaria.
Infatti, per quanto riguarda la pentafora della fronte principale, si può osservare che il restauro di reintegrazione, di chiaro carattere stilistico, non è stato condotto secondo le moderne teorie del restauro scientifico, per cui la nuova opera avrebbe dovuto essere eseguita in modo da servire solamente a definire l'organismo di cui era parte integrale, senza alcuna concessione all'invenzione, in modo da impedire qualsiasi perplessità od errore.
La preesistenza di tale pentafora, unico esempio che se ne avrebbe nelle chiese liguri, a detta del Prof. Ortelli, che eseguì i lavori per conto della Soprintendenza, sarebbe giustificata dalle impronte delle basi delle colonnine, riscontrate sul piano d'imposta.
Per quanto riguarda il corpo di collegamento torre - chiesa, è evidente che la sua demolizione può essere giustificata, sul piano architettonico, dal desiderio di eliminare un corpo estraneo, inserito in tempi abbastanza recenti.
Si è così perso un elemento funzionale che, dopo l'eliminazione della scala originale di accesso, documentata nell'acquerello cui prima si era fatto riferimento, permetteva di accedere alla torre senza ricorrere all'uso di mezzi di fortuna.
Una ulteriore opera di completa manutenzione della chiesa, infine, venne eseguita nel 1964 a cura dell'Istituto degli Studi Liguri, comprendendo anche il restauro della vicina ex torre campanaria.
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(*) Testo rielaborato tratto da "La Chiesa dei Santi Giacomo e Filippo" - Ovidia Siccardi - Facoltà di Ingegneria - Università di Genova - 1992/93
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Facevano parte della chiesa dei Santi Giacomo e Filippo due Cappellanie:
- la Compagnia dei SS. Cosimo e Damiano, fondata da Andrea Scribani nel 1590; possedeva la terra dei Giarini, situata nella frazione Pigna, donata da Elisabetta Scribani (moglie del Notaio Gio Battista Frisia) nel 1615;
- la Compagnia della Madonna del Rosario (Madonna de Nigris); senza beni, viveva di elemosina.
Il 10 gennaio 1615, Elisabetta Scribani, moglie di Giò B. Frisia nel suo testamento, redatto dal notaio Ambrogio Confredi, lasciò più di lire 400 di Genova, per la costruzione di un convento all’interno del Borgo del Castello, che non fu mai costruito e il reddito del lascito andò alla cappellania dei Santi Cosimo e Damiano.
Nella Chiesa dei Santi Giacomo e Filippo si conservava l’Olio santo e vi si celebravano, tra le altre, la Messa di Mezzanotte a Natale, la Domenica delle Palme, il giorno di Maggio per la festa dei santi titolari, la festa di San Giacomo Apostolo il 25 luglio, il Santissimo Sacramento, le celebrazioni della Settimana Santa, il Corpus Domini, le messe domenicali e dei giorni festivi dell’anno.
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"Rivista Ingauna Intemelia" - Anno XXVII n. 1-4 - Gennaio-Dicembre 1972
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