CURIOSANDO NEL PASSATO
CURIOSANDO NEL PASSATO
(Mario Vassallo)
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La grafica digitale permette di cogliere dettagli che le foto d’epoca da sole non sono in grado di mostrare, o meglio non si riescono ad evidenziare con la dovuta nitidezza dei particolari.
Succede così che una immagine, osservata anche attentamente a lungo e tante volte, una volta ingrandita e trattata digitalmente, possa mostrare qualcosa che prima era sfuggito, permettendo di riscoprire importanti elementi del passato.
Questa rassegna di foto “già viste” ha proprio lo scopo di andare ad evidenziare particolari del passato, permettendo di ampliare la riscoperta dei ricordi andoresi, riprendendo le ricerche e le informazioni che Marino Vezzaro aveva ricordato nei suoi libri.
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ANDORA MARINA A FINE OTTOCENTO
ANDORA MARINA A FINE OTTOCENTO
ANDORA MARINA A INIZIO NOVECENTO
ANDORA MARINA A INIZIO NOVECENTO
LITORALE A INIZIO NOVECENTO
LITORALE A INIZIO NOVECENTO
IL CAMPEGGIO CAVIGLIA
IL CAMPEGGIO CAVIGLIA
LOCALITA' STAZIONE
LOCALITA' STAZIONE
I GIARDINI DELLA MARINA
I GIARDINI DELLA MARINA
LA PIGNA
LA PIGNA
LA CAPPELLINA
LA CAPPELLINA
LA CHIESETTA DEI FRATI
LA CHIESETTA DEI FRATI
ANTICO SERVIZIO POSTALE
ANTICO SERVIZIO POSTALE
LE CASE DELL'ORIZZONTE
LE CASE DELL'ORIZZONTE
MILANO - SANREMO
MILANO - SANREMO
ANDORA .... FORSE
ANDORA .... FORSE
PIETRO BOINE
PIETRO BOINE
ANDORA MARINA A FINE OTTOCENTO
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Questa è la foto più antica di Andora che ho trovato: risale al 1898.
Ci propone un paesaggio surreale, così lontano da come conosciamo la nostra Andora di oggi e con un effetto sfuocato dal tempo, tanto da renderla quasi l’immagine di un sogno.
Si tratta di una testimonianza molto marcata, sicuramente validata da un timbro postale che ne fissa indissolubilmente la certa datazione, ma che mette in discussione alcune “certezze documentali” fino ad ora note, come vedremo.
Nella posizione costiera di Levante è già presente Villa Martinetto [1], insediamento residenziale che sorge in posizione a monte rispetto all’attuale porto; davanti, ad incrociare la strada carrozzabile litoranea Aurelia, diparte un tracciato che si inerpica sul versante collinare [2], la Strada Vicinale del Coscione, antenata della Strada della Pineta e per un tratto di quella che sarà l’odierna via Clavesana.
Più avanti la Borgata Marina, con il Bastione che sembrerebbe avere già le case già addossate (da poco), con gli alti alberi del parco appartenente alla residenza del Marchese Marco Maglioni [3] (in questo periodo la proprietà appartiene ancora a Marco, dopo la ristrutturazione effettuata a seguito dei danni causati dal terremoto del 1887), con l’annesso acquedotto arcato [4] che portava acqua proveniente da una sorgente nei pressi di dove sorgerà a breve la Villa Tibaldi.
Sulla spiaggia è presente un grosso scafo [5], che potrebbe essere in costruzione e questo elemento si pone in interessante contrasto con le certezze documentali note e fa riflettere sui ricordi tramandati.
Infatti, la storia dei cantieri navali andoresi fa risalire la loro installazione sul litorale costiero al secondo decennio del Novecento, riportando quale primo scafo importante per dimensioni il brigantino “Andora” varato nel 1919.
Considerando le notizie note relative ai vari successivi, dall’impostazione dello scafo al varo dell’imbarcazione trascorreva un lasso di tempo di circa 2 – 3 anni.
Il brigantino “Andora”, quindi, tenendo conto di eventuali disagi legati alla concomitanza con la Prima Guerra Mondiale potrebbe essere stato “impostato” anche 4 – 5 anni prima del varo, ma nonostante ciò le risultanze sulla foto indicherebbero una presenza di un ipotetico cantiere navale oltre quindici anni prima, con uno scafo di dimensioni sicuramente assimilabili a quelle di un veliero dell’epoca: fatto di cui non si avevano notizie storiche, testimonianze o ricordi.
Due piccole case [6] tra il ponte [7] di “nuova” costruzione sulla strada carrozzabile litoranea (Aurelia) e la sponda destra del Torrente Merula, che rimarranno inglobate nel futuro sviluppo delle strutture e degli insediamenti del cantiere navale “Navital”, fino a scomparire per essere sostituite da più moderni e grandi edifici che giungeranno ai giorni nostri (Colonia Salus).
L’Albergo Pensione Mondovì [8], resisterà nel tempo diventando Albergo Milano, funzionando da mensa per il personale impiegato nel cantiere navale “Navital”, trasformato in struttura della Colonia di I.N.A.M. ed infine destinato a sede della Caserma dei Carabinieri attuale.
Sulla sponda destra del Torrente Merula, poco lontano a monte del ponte sull’Aurelia di recente costruzione è ancora in funzione la fornace dell’attività conserviera Pagliano, identificabile per la presenza della caratteristica “ciminiera” [9] (la struttura sarà abbattuta nella prima metà degli anni ’30 del Novecento).
Il complesso di Villa Tagliaferro [11], in questo periodo, è utilizzato come convento dei Padri Canonici Regolari Lateranensi dell’Immacolata e vicinissima sorge la Chiesetta [10] (che diventerà l’attuale Biblioteca Comunale, dopo che tutto il complesso avrà fatto parte delle strutture della Colonia di Milano per alcuni decenni e per un periodo caduto in stato di abbandono).
Nella località della Pigna, l’Albergo dei Poveri di Genova o Colonia Brignole [13] (per un periodo anche chiamato Colonia Stefania Maglione, in quanto realizzata con contributo del Marchese Giuseppe Maglioni e da questi intitolata alla unica figlia scomparsa in giovanissima età); dietro, seminascosto, l’Albergo della Posta [12].
La linea ferroviaria, ancora giovane e non elettrificata [14].
La casa che fu di Gìn Colombo [15], completamente immersa nei campi coltivati, spesso invasi, in alcuni periodi dell’anno dalle forti mareggiate che avanzavano la linea di costa marina, salvo poi ritirarsi una volta placati gli effetti delle burrasche: l’epoca dei campeggi è ancora lontana.
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ANDORA MARINA A INIZIO NOVECENTO
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Un’altra foto tra le più antiche di Andora, datata ad inizio Novecento.
E’ stata ripresa da un punto oggi appartenente a via Aurora, con alle spalle Rollo e rivolti verso la collina di Capo Mele.
La strada litoranea Aurelia traccia un lungo rettilineo tra mare e campi coltivati, incontrando qualche isolata e quasi sperduta costruzione.
Partendo dal Levante, è già presente Villa Martinetto [1], insediamento residenziale che sorge in posizione a monte rispetto all’attuale porto; poco lontano sono già presenti anche Villa Fontana e Villa Garelli [2], giunte ai giorni nostri praticamente equivalenti alla loro originaria consistenza conosciuta; la “Cà rùssa” [3], un tempo sede anche della Guardia di Finanza, posizionata nei pressi dell’attuale Hotel Moresco.
Più avanti la Borgata Marina, con il Bastione e le case già addossate (da poco), con gli alti alberi del parco appartenente alla residenza del Marchese Marco Maglioni [4] (in questo periodo la proprietà appartiene ancora a Marco, dopo la ristrutturazione effettuata a seguito dei danni causati dal terremoto del 1887), con l’annesso acquedotto arcato [5] che portava acqua proveniente da una sorgente nei pressi di dove sorgerà a breve la Villa Tibaldi.
Nelle immediate vicinanze la Villa Luzzati [6] e incastonata sul versante collinare le case della “Rocca di Mezzacqua” [7].
Ai piedi della collina di quello che sarà il Villaggio Cà Bianca (la “Cà Bianca” è visibile sull’estrema destra della foto), la “Casa Ravera” [8], tipico insediamento rurale come la vicina “Villa Rosetta” [9], in precedenza “Villa Musso” in quanto di proprietà dell’omonima famiglia ed utilizzata come presidio della tenuta contadina.
Sul litorale sono in costruzione alcune delle strutture a capannone [10] che faranno parte del cantiere navale “Navital” e successivamente destinate alla Colonia di Asti.
La “Trattoria Cacciatori” “du Noru” (Onorio Marchiano) [11] è già stata costruita, immediatamente sul lato a monte della strada carrozzabile litoranea (Aurelia) e sono già sorte alcune delle case vicine alla stessa, ma la località “dal Castellante” è ancora inedificata, perché nei dintorni è ancora attivo l’utilizzo della “sòtta” quale cava di argilla.
Sulla sponda destra del Torrente Merula, a monte del ponte sull’Aurelia di recente costruzione è ancora in funzione la fornace dell’attività conserviera Pagliano, identificabile per la presenza della caratteristica “ciminiera” [12] (la struttura sarà abbattuta tra un paio di decenni, nella prima metà degli anni ’30 del Novecento).
Il complesso di Villa Tagliaferro [13], in questo periodo, è utilizzato come convento dei Padri Canonici Regolari Lateranensi dell’Immacolata e vicinissima sorge la Chiesetta [14] (che diventerà l’attuale Biblioteca Comunale, dopo che tutto il complesso avrà fatto parte delle strutture della Colonia di Milano per alcuni decenni e per un periodo caduto in stato di abbandono).
L’Albergo Pensione Mondovì [15], resisterà nel tempo diventando Albergo Milano, funzionando da mensa per il personale impiegato nel cantiere navale “Navital”, trasformato in struttura della Colonia di I.N.A.M. ed infine destinato a sede della Caserma dei Carabinieri attuale.
Nella località della Pigna, l’Albergo dei Poveri di Genova o Colonia Brignole [17] (per un periodo anche chiamato Colonia Stefania Maglione, in quanto realizzata con contributo del Marchese Giuseppe Maglioni e da questi intitolata alla unica figlia scomparsa in giovanissima età); dietro, seminascosto, l’Albergo della Posta [16].
La casa che fu di Gìn Colombo [18], completamente immersa nei campi coltivati, spesso invasi, in alcuni periodi dell’anno dalle forti mareggiate che avanzavano la linea di costa marina, salvo poi ritirarsi una volta placati gli effetti delle burrasche: l’epoca dei campeggi è ancora lontana.
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IL LITORALE A INIZIO NOVECENTO
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Non ho potuto resistere ad una delle foto che ritengo tra le più “fiabesche” di Andora, che ritrae un tempo così lontano da noi.
Questa è una delle fotografie più antiche di Andora e presenta alcune particolarità interessanti, che l’aiuto della grafica digitale e molta pazienza hanno permesso di evidenziare.
Occorre precisare che alcuni obiettivi fotografici di epoche passate avevano la caratteristica di permettere delle inquadrature angolari molto ampie, ma che creavano una prospettiva “schiacciata”, cioè dove soggetti a diversa distanza tra loro comparivano quasi sovrapposti, come se fossero in realtà molto ravvicinati.
Questa ripresa fotografica è caratterizzata proprio da tali particolarità, tanto da avere reso abbastanza complicato posizionarne esattamente il punto da dove sia stata scattata e, “stranamente” identificare con precisione cosa sia stato inquadrato.
La foto, dei primi anni ’20 del Novecento, sarebbe stata scattata dal terrazzo di Villa Fontana, davanti all’attuale porto ed in prossimità di Villa Martinetto (nella località chiamata Coscione).
Il gruppo con le prime case sulla destra comprende la “Cà rùssa” [1] (quella con il tetto più alto a due falde), un antico fabbricato sulla Strada della Cornice – Aurelia, che per un periodo fu anche sede della Guardia di Finanza, ubicato in prossimità dell’attuale Hotel Moresco.
Tale edificio, in epoca successiva, come visibile dalle altre foto, riportava un cartello di località con scritto “Andora”, in quanto era il primo edificio di ragguardevoli dimensioni che rappresentasse l’ingresso nell’abitato di Andora, affacciandosi sul lungo rettilineo costiero che caratterizzava la tipicità della percorrenza litoranea del territorio comunale (rettilineo che sarà “interrotto” con la deviazione del “cavalcavia”).
Il rettilineo andorese, prima della costruzione del "cavalcavia"
L'immagine evidenzia il fabbricato sull'Aurelia con la segnaletica della località
Nella foto non è ancora presente Villa Laura (che sarà costruita oltre un decennio più tardi) e si distingue con difficoltà il Bastione [2], poiché coperto da fitta e rigogliosa vegetazione alberata appartenente al in questo periodo al lussureggiante parco del Grand Hotel du Parc (realizzato in quella che fu la tenuta residenziale del Marchese Marco Maglioni, per vendita fatta dalla figlia Maria Ernestina Mazè contessa de la Roche al Notaio Ambrogio ed Avv. Garelli e che opererà fino al 1927, quando l’intera proprietà sarà ceduta per la realizzazione della colonia marina dell’Istituto Orfani di Guerra di Cuneo).
Sullo sfondo, all’estrema destra di intravede Villa Tagliaferro [3] e si distinguono l’Albergo della Posta [4] ed un caseggiato dell’Albergo dei Poveri di Genova [5], che in questo periodo avrebbe dovuto essere chiamato ancora Colonia Stefania Maglione.
In alto a metà collina, Rollo [6] con la sua tipica presenza ed intorno tutto ancora privo di costruzioni, mentre a destra e poco più in basso, la “Cappellina” [7], cioè l’antica chiesetta oratorio dedicato alla Beata Vergine della Concezione.
Osservando il litorale in lontananza e verso il piede della collina si notano il tracciato dell’Aurelia [8] e sotto la linea ferroviaria [9] e, tornando verso le case, la casa che fu di Gìn Colombo [10].
Una attenzione importante deve essere dedicata alla spiaggia ed al litorale costiero.
Infatti, questa foto è l’unica di quel periodo che ci illustra particolari che cambieranno radicalmente nel giro di pochi anni e non saranno più testimoniabili visivamente.
In basso a sinistra, si nota la testa di una colonna/pilastro [11].
Tale elemento apparteneva ad uno dei due portali di accesso (una sorta di cancelli), che permettevano l’ingresso ai terreni coltivati a monte della strada litoranea (Aurelia).
Come si osserva molto chiaramente nella foto, il lato a monte della strada costiera (Aurelia) era protetto da un muro continuo e piuttosto alto [12] (stiamo parlando di circa metri 2 – 2,50) che aveva lo scopo di proteggere i terreni coltivati e le proprietà costiere dalle mareggiate che superavano periodicamente spiaggia e strada.
Un’altra particolarità è la completa assenza del muro di protezione sul lato verso mare, il quale sarà successivamente realizzato e visibile nelle foto delle epoche successive (già a partire da foto della fine del decennio successivo – anni ’30).
Tornando al portale di accesso, lo stesso sarebbe stato ubicato in corrispondenza dell’attuale Hotel Garden, ricostruito a seguito di una forte mareggiata verificatasi in epoche successive e sostituito con la costruzione di quello che rappresentò l’ingresso del campeggio Meerblick.
Osservando la spiaggia, non sono ancora presenti gli edifici che caratterizzeranno la costituzione della Colonia di Asti (nella consistenza definitiva) e nella zona compaiono tuttavia le strutture del cantiere navale “Navital” [13], con uno scafo in costruzione di uno dei velieri che saranno realizzati dalla cantieristica andorese.
Si notano anche alcune imbarcazioni di pescatori in secca [14] davanti al Bastione.
Un’ultima osservazione coinvolge ancora la spiaggia sassosa del periodo.
Per tutta la lunghezza del litorale, la foto evidenzia una spiaggia piuttosto estesa che mettendo in relazione la larghezza stradale e l’altezza dei pali in legno dell’elettrificazione, potrebbe essere riconducibile ad una larghezza – profondità di una decina di metri scarsi.
Questo è un aspetto singolare, perché in foto di epoche più recenti e fino alla realizzazione del porto, il tratto di litorale corrispondente al tratto odierno [15] tra molo Heyerdahl e porto stesso, che in questa foto corrisponderebbe circa dalle prime case fino all’angolo in basso a sinistra dell’immagine, si presentava completamente privo di spiaggia, con il mare che lambiva il muraglione di protezione della strada Aurelia verso mare: testimonianza di come siano radicalmente cambiati alcuni aspetto del territorio andorese nel tempo.
La spiaggia di Andora nello stesso periodo
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IL CAMPEGGIO CAVIGLIA
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Una foto che raffigura il Campeggio Caviglia.
Siamo nel 1959, con una delle foto “sperimentali” che acquerellavano a colori le classiche foto bianco e nero, con il risultato che “pasticciavano” l’immagine con tinte poco reali e scollegate da sfumature e variazioni graduali di tonalità, creando un effetto sgranato, ma caratteristico di quel breve periodo in cui tale tecnica fotografica fu utilizzata.
Ci troviamo sulla via Aurelia, con le spalle al mare.
Sulla nostra destra, a fianco ai bagnanti sotto la doccia, non inquadrato c’è il Bastione.
La strada sterrata al centro della foto, che permette di accedere al campeggio, ripercorre e diventerà quella che noi conosciamo come via Marco Polo: per rendere l’idea, al posto dell’aiuola con le margherite oggi troviamo “Casa Vera”, mentre in corrispondenza della tenda a destra oggi abbiamo il palazzo con l’Ufficio Postale.
Sempre a destra, le case che si vedono oltre le strutture ad ombreggio del campeggio sono quelle appartenenti alla Borgata della Marina (“le case della Ciassètta”), ancora oggi esistenti, sebbene in parte modificate dalle ristrutturazioni operate.
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LA LOCALITA' STAZIONE
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La foto è stata scattata sulla collina di Ponente, nella vecchia Strada della Morella, attuale via Marchesi Maglione, poco sopra Villa Stefania e rivolti verso il mare.
Osserviamo la zona andorese conosciuta come Regione Stazione (“a Stassiùn”), in una foto del 1953.
Al centro la “Casa Guardone”, un complesso edificato sulla attuale via Carminati ed all’epoca della foto “Strada della Stazione”, demolito in tempi recenti per fare spazio al Condominio “Ardesia”.
Tale fabbricato originario, costruito dopo la creazione della linea ferroviaria e l’inaugurazione della Stazione avvenuta nel 1872, fu sede di tante attività commerciali, come merceria, rivendita alimentari, barbiere, farmacia, cestaio, ospitando anche alcune classi elementari scolastiche.
Affiancato dietro a destra, l’Albergo della Posta, trattoria della famiglia Perazzi, che si affacciava direttamente sulla piazza che fronteggiava la Stazione ferroviaria.
Scorrendo a destra quella he oggi è via Carminati verso il mare, si nota che mancano ancora alcuni degli edifici che la costeggiano e su tutti il “Palazzo Ciccione”, la prima palazzina residenziale multipiano andorese, che sarà edificato appena dopo.
A metà altezza sull’estrema sinistra, vediamo la Chiesa di Santa Matilde, a fianco ad un Torrente Merula non ancora arginato ed attraversato dal vecchio “ponte dei prevètti”, il quale sarà sostituito dal ponte Italia ’61 e originerà la formazione di via Colombo e via Vaghi.
Ovunque, i terreni che costituivano il tipico ambiente contadino non ancora invaso dalle palazzine che “cresceranno” con lo sviluppo urbanistico attuato dalla fine del decennio.
Sempre appartenente alla stessa zona, ma questa volta con una foto più recente di circa un decennio, probabilmente scattata dall’Hotel San Francisco appena costruito, osserviamo l’Albergo della Stazione visto da dietro, l’originaria piazza della Stazione e la strada che dall’odierna via Carminati si raccordava con via Antica Romana, con il “Palazzo Ciccione” già costruito ed il Condominio “Sant’Ambrogio” in via di ultimazione.
Il tratto di strada descritto, all’epoca è appena diventato via Vaghi, sostituendo in questo tratto una parte di quella che era l’originaria Strada Comunale di Mezzacqua, la quale partiva dalla omonima borgata e raggiungeva la Stazione, percorrendo in parte le attuali via Colombo e tutta la via Rattalino.
Una foto del 1928, scattata dall’interno dell’area ferroviaria e rivolti verso il mare, ci mostra il paesaggio dei binari del vecchio tratto ferroviario, rimasti pressochè invariati fino alla loro definitiva eliminazione recente.
La Stazione ferroviaria, di una ferrovia non ancora elettrificata, ha vicino l’antico ed originario fabbricato in legno.
Nei dintorni, la “Casa Siffredi” in pietra, eroica testimonianza del Novecento pervenuta pressochè integra e mantenuta fino ai giorni nostri e la “Casa Guardone” nei primi decenni di vita.
In una foto dell’immediato secondo dopoguerra, ripresa dalla piazza della Stazione, sull’omonima strada e con le spalle al mare, la “Casa Guardone” sfoggia fiera la sua importanza commerciale locale, affacciata sulla strada sterrata che diventerà via Carminati, ma anche tratto della Strada Provinciale n° 13 “Valmerula”.
Sulla destra, in primo piano, la merceria dei proprietari dello stabile e la figlia Anna all’ingresso, mentre sullo sfondo una suggestiva veduta di Villa Stefania, antica residenza andorese del Marchese Giuseppe Maglioni e da questi intitolata all’unica figlia scomparsa in giovane età, non ancora ampliata e sopraelevata da parte dell’Istituto Sacra Famiglia che ne acquisterà la proprietà.
Una foto del 1945 ripresa dalla Strada della Stazione, in prossimità di quello che è oggi l’incrocio con via Santa Lucia e via Antica Romana.
L’antico sedime stradale ancora sterrato è un luogo frequentato, in quanto quella che diventerà via Carminati è il cuore commerciale andorese.
Tutta la zona non è ancora stata completata nell’edificazione, ma di fatto rappresenta una parte del territorio andorese in cui si concentrano le attività, grazie alla presenza della Stazione ferroviaria, la quale rappresenta un nodo importante per le vie di comunicazione e per i trasporti.
La costruzione in primo piano non è ancora ampliata e sul retro a sinistra compare il vecchio magazzino per la vendita di materiale edile di Ambrogio Gagliolo, mentre il vigneto a sinistra è una proprietà Mario Aicardi e della moglie Ginetta.
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I GIARDINI DELLA MARINA
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Una foto degli anni ’50, scattata dal Bastione sulla via Aurelia, illustra quella che nella metà dell’Ottocento fu la tenuta residenziale del Marchese Marco Maglioni.
La tenuta divenne il lussuoso Grand Hotel du Parc e successivamente tutto il complesso fu convertito in Colonia marina per l’Istituto Orfani di Guerra di Cuneo.
Sullo sfondo a destra, si notano Villa Laura, residenza dell’Avv. Momigliano ed il “tempietto”, una sorta di antico dehor dei marchesi andoresi.
Il parco, molto lussureggiante, conteneva essenze anche esotiche e pregiate, che richiamavano quelle contenute nel giardino della residenza del Marchese Umberto Maglioni a Castello.
Con la scomparsa dei marchesi andoresi, la cessazione dell’attività da parte del Grand Hotel du Parc, la trasformazione in colonia marina e il successivo abbandono, la vegetazione di pregio di questo “giardino” perse gradualmente la propria natura, in parte con la conversione di porzioni di superfici in orti e frutteti ed infine cadde nell’abbandono.
Tutto fino al discutibile intervento edificatorio intensivo degli anni ’80, a cui si oppose con decisione, ma senza successo, l’Amministrazione Comunale dell’epoca, il quale ha cancellato tutto ciò che derivava dalla tradizione storica andorese, lasciando solo un ampio giardino, che nulla può accostare anche solo lontanamente all’antico splendore, per lungo tempo senza un vero proprio nome, fino all’intitolazione odierna quale “Parco degli Aviatori”.
Planimetria per gentile concessione Comune di Andora
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LA PIGNA
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L’espansione edilizia nella prima metà del Novecento è legata alla costruzione di edifici che raccolgono la destinazione residenziale spesso famigliare, unita ad una attività commerciale o artigianale svolta direttamente e sul posto.
Questo tipo di edificazione si concentra principalmente in forma “lineare” in corrispondenza delle percorrenze viarie principali, che sono rappresentate dalla Strada della Cornice – Strata Nazionale Aurelia – via Fontana e dalla Strada della Stazione.
Una sorta di sviluppo lineare viario ad “L” determina la formazione di due regioni territoriali che tendono ad unificarsi fondendosi senza una precisa ideale linea di confine: la Pigna e la Stazione.
Lo sviluppo, ma principalmente il modo di come viene inteso e considerato il territorio locale andorese, porta a definirne i vari luoghi non con uno stradario, ma con delle localizzazioni di riferimento (Coscione, Ciassètta, Marina, Pigna, Stazione, Siberia, Noceto, Garibba, Mezzacqua).
La foto, scattata in prossimità del ponte sull’Aurelia, con spalle verso Levante, ci porta nella località Pigna (attuale via Fontana – vico Sant’Andrea) ad inizio degli anni ’30 del Novecento, quando Filippo Risso, un carradore proveniente da Pontedassio, costruisce la propria abitazione, con al piano terreno i locali destinati alla propria attività artigianale.
Le maestranze che concorrono alla costruzione sono “ditte locali”, le stesse che ritroviamo attive all’interno dei cantieri navali o che concorrono al restauro della Chiesa dei Santi Giacomo e Filippo nello stesso periodo: Giacumìn Mattiauda e Ambrogio Boragno.
L’intero edificio sarà acquistato dai carradori Fratelli Giusta nel 1940 e l’attività sarà successivamente ampliata e tramandata fino all’odierna officina autocarrozzeria Demeglio.
Nei dintorni della costruzione si notano a sinistra la Chiesa dei Canonici Lateranensi dell’Immacolata ed a destra, sullo sfondo, la “Villa Gaggero”, ubicata in prossimità a monte di quello che oggi rappresenta l’incrocio tra via Carminati e via Genova.
Una foto di un luogo limitrofo, risalente al 1915 e scattata dalla foce del Torrente Merula, con le spalle al mare, ci mostra il ponte “sull’Aurelia” (all’epoca Strada della Cornice), nella sua consistenza originaria, prima del successivo ampliamento laterale.
Questo ponte costruito a cavallo del cambio di secolo tra Ottocento e Novecento, fu realizzato anche a seguito di un attivo ed accorato interessamento da parte del Marchese Marco Maglioni, che si fece promotore in prima persona di sostenerne la necessità per evitare gli “incidenti” e “disgrazie” che la mancanza continuava a fare accadere.
Di fatto, sul tracciato viario costiero (sostanzialmente l’Aurelia), il tratto corrispondente al ponte costituiva una strozzatura, in quanto lo stesso era stato costruito di dimensioni tali da determinare un restringimento della carreggiata: fatto che sarà eliminato adeguandolo alla larghezza del sedime stradale, non tanto durante i lavori di ampliamento della Strada Nazionale Aurelia effettuati nella seconda metà degli anni ’30 del Novecento (iniziati nel 1936), quanto in occasione della successiva realizzazione del raccordo stradale dovuto alla “deviazione” dell’originario tracciato dell’Aurelia comprendente la costruzione del “cavalcavia”, iniziato prima della Seconda Guerra Mondiale e terminato nel 1953.
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LA CAPPELLINA
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La foto del 1952 ci porta sulla collina verso Rollo, sopra la località Pigna, nel luogo conosciuto come “la Cappellina”, riferito alla presenza di una antica chiesetta dedicata come Oratorio della Beata Vergine della Concezione.
Tale edificio, attorniato da una “macchia” di pineta, fu per lungo tempo destinato ad accogliere scolari, quale aula scolastica.
Nel 1975, dopo essere stata completamente demolita, in sua sostituzione e nello stesso luogo è stata costruita l’attuale Cappella dell'Immacolata Concezione, affacciata proprio sopra alla strada comunale per Rollo.
Nell’immediato secondo dopoguerra, il luogo fu teatro di una disavventura attuata da un gruppetto di vivaci ragazzini del posto.
Finita la guerra costoro si dilettavano a ricercare e raccogliere munizioni belliche abbandonate dall’esercito tedesco in fuga e questi loro “ritrovamenti” comprendevano un nutrito numero di razzi “Bengala”, con i quali giocavano e facevano “esperimenti di tiro”.
In particolare questo tipo di razzi contenevano un piccolo paracadute di seta a cui era appeso un cilindro al fosforo, che serviva da illuminatore notturno, una volta esploso.
L’interesse dei ragazzini era legato al recupero del paracadute ed uno dei luoghi prediletti per lanci ed esplosioni era la zona della Cappellina.
Dopo alcuni tentativi a vuoto uno di questi razzi esplose, ma accidentalmente in una errata posizione di lancio, finendo in un cespuglio di ginestra secca che si incendiò immediatamente.
Dopo un quarto d’ora la pineta intorno alla Cappellina bruciava in un inferno di fuoco e la gente accorse per spegnere le fiamme, ma tutto fu inutile: alla sera l’intero bosco di pini era ridotto in cenere.
Sempre il sagrato della Cappellina della Pigna fu negli anni ’50 del Novecento il luogo dove si svolgeva un evento l’8 dicembre, il giorno della festa dell’Immacolata Concezione.
In tale occasione, Giacomo “Mimmo” Vassallo, il gestore del bar/gelateria della Pigna (ubicata nell’edificio che fu Albergo della Posta, oggi piazza Santa Caterina), “accendeva un pallone” aerostatico, che si sollevava attirando l’interesse dei presenti, i quali attendevano con curiosità di poter assistere, condizioni meteo permettendo, a tale evento di festa in occasione della celebrazione religiosa dedicata alla titolare della Cappellina.
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LA CHIESETTA DEI FRATI
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Una rarissima (unica) foto del 1913 testimonia l’interno della Chiesa dei Canonici Regolari dell’Immacolata.
Si tratta del piccolo edificio vicino alla Villa Tagliaferro, attuale Palazzo Tagliaferro, per anni in disuso, sede di gruppi ed associazioni locali ed infine ristrutturato e completamente recuperato per destinarlo a sede della Biblioteca Comunale.
La destinazione al culto venne progressivamente trascurata, fino all’instaurazione nell’intero complesso da parte delle strutture della Colonia di Milano e successivamente ulteriormente caduta in abbandono con uso sporadico ed occasionale che ne portò all’abbandono delle caratteristiche d’uso originarie, trasformando il fabbricato in una sorta di magazzino.
L’accurato recupero effettuato nel nuovo millennio ne ha mantenuto le caratteristiche architettoniche principali, preservando la caratteristica struttura di copertura che si può osservare ancora oggi, perfettamente conservata.
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L'ANTICO SERVIZIO POSTALE
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Nella seconda metà dell'Ottocento, con una delle varianti al tracciato dell'Aurelia "moderna", viene a crearsi in tracciato viario che prende il nome di via Fontana (inizialmente da villa Martinetto sino all'attuale Hotel Trieste e successivamente ridotta al tratto attuale, dopo la costruzione del cavalcavia).
Su questa Strada Nazionale Aurelia, viene edificato il fabbricato che sarà destinato per un periodo anche a stazione di cambio dei cavalli e di sosta per le diligenze.
Diventerà sede di un "Albergo" di notevole importanza a causa della posizione strategica su quella che è l'arteria stradale principale, anche in prossimità di un attraversamento ferroviario a livello e nel nucleo edificato che diventerà rapidamente il cuore commerciale del territorio andorese, assumendo nel tempo il nome di "Albergo della Posta", in quanto sarà la sede dell'Ufficio delle Regie Poste e, successivamente, "Albergo Savoia" (proprietà Bottini e Weber).Ancora in parte della prima metà del Novecento, il servizio postale viene effettuato con i mezzi a traino animale, solitamente carri postali o diligenze che possono prevedere il trasporto postale insieme a quello di passeggeri, entrambi trainati con una o due pariglie di cavalli.
Alcune rare foto del passato andorese ci permettono di “osservare” tali mezzi quasi dimenticati.
Le due foto seguenti, entrambe riprese a Molino Nuovo, ci mostrano il carro postale che operava sulla tratta Andora – Molino Nuovo – Stellanello, con il “postino” Pierluigi Negro, nel primo ventennio del Novecento.
Foto Collezione Privata Marino Vezzaro
Il 24 novembre 1962, in occasione del centenario delle Poste Italiane, una diligenza “storica” ripercorre il tratto Punte San Luigi – Roma ed effettua una sosta in via Fontana, dove la fermata viene immortalata con alcune foto, di cui una con l’intervento della scolaresca della terza elementare accompagnata dalla maestra Serafina, accorsa appositamente per assistere all’evento.
Foto Collezione Privata Marino Vezzaro
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LE CASE DELL'ORIZZONTE
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Queste foto sono del 1960 – 1961 e rappresentano uno di due eventi accaduti in pieno sviluppo, o meglio speculazione edilizia nel periodo del cosiddetto “boom economico”.
Ci troviamo sulla scogliera di Capo Mele, dove ha preso il via una delle due costruzioni massive di “villaggi residenziali” del Levante andorese.
Uno è quello della “Pineta”, nella e sopra la zona che veniva chiamata Coscione, a monte dell’attuale porto.
L’altro, a cui si riferiscono le foto, è quello del “Villaggio Giardino dell’Orizzonte”, ritenuto un fiore all’occhiello dell’edilizia residenziale turistica, mirato a sfruttare, in tutti i sensi, le peculiarità del promontorio di Capo Mele.
Un intervento attuato con investimenti dall’Ing. Selva ed altri investitori, alcuni dei quali sfrutteranno delle sventure economiche di famiglie del posto, le quali si troveranno a vendere per poche lire delle zone boschive che saranno completamente trasformate e fonte di guadagno.
Il Villaggio Orizzonte porterà ad investimenti che concorreranno alla realizzazione di importanti punti di riferimento locale, come l’Albergo “Sito di sogno” e l’”Aldebaran”, che segneranno almeno un paio di decenni delle abitudini locali.
Nel periodo di fermento edilizio, costruzioni di dubbia qualità esecutiva vengono sfornate a ritmo repentino, ravvicinate per tempi di costruzione e spazi di ubicazione, su terreni che per natura e conformazione auspicherebbero una maggiore cura ed attenzione.
Ma del resto la richiesta e l’offerta del mercato devono essere competitive in termini economici e pazienza ed attenzione contrastano con il cogliere l’attimo.
E’ così che accadono un paio di “inconvenienti costruttivi”, quando in tempi diversi, ma ravvicinati, alcuni edifici appena realizzati ed in fase di completamento franano rovinosamente, accartocciandosi su loro stessi, a causa del cedimento del terreno a strapiombo sul mare.
I fatti non insegnano più di tanto, perché rimosse le macerie, si procede immediatamente a ricostruire, senza che autorità impongano particolare attenzione nel controllo, permettendo ogni prosecuzione e nuovo insediamento, in assenza di necessari ed auspicabili maggiori controlli.
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IL PASSAGGIO DELLA MILANO - SANREMO
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Foto Collezione Privata Marino Vezzaro
Sono stato colpito da questa foto, pubblicata a suo tempo in uno dei libri di Marino, riferita ad un passaggio di una delle tante Milano - Sanremo sulle strade andoresi, o meglio sul tratto di strada litoranea costiera.
Mi soffermo perchè si tratta di una Milano - Sanremo particolare, quella del 1930.
La Milano - Sanremo è la corsa ciclistica maschile su strada, la più importante e più lunga (originariamente 299 km) tra quelle che si corrono in un solo giorno in Italia, chiamata la "Classica di Primavera" o la "Classicissima", svolta tradizionalmente il 19 marzo (dal 1937), giorno di San Giuseppe, o il sabato più prossimo a tale data (da quando fu abolita la festività del 19 marzo) e con due sole eccezioni recenti di domenica.
Riveste una grande tradizione, svolgendosi dal lontano 1907, non disputata in sole tre occasioni in tempi di guerra nel 1916 e nel 1944/45.
Torniamo alla foto che immortala il passaggio andorese dell'edizione del 1930, su quella che all'epoca era Strada della Cornice e diventerà in questo tratto via Fontana.
Nella foto, nonostante la polvere alzata dai ciclisti, si nota sulla destra la sagoma dell'Albergo Mondovì, attuale sede della Caserma dei Carabinieri e sulla sinistra le originarie case della "Pigna".
L'edizione della corsa del 1930, rivestiva grande importanza sportiva in quanto un campionissimo italiano, l'ormai trentasettenne Costante Girardengo, era tornato inaspettatamente alle corse ed in questa edizione tentava di vincere la gara per la settima volta, sebbene il favorito fosse Alfredo Binda.
Dopo le varie peripezie di gara ed una lotta diretta tra i due rivali, che cadono entrambi in tratti diversi del percorso, Binda si ritira, spianando la strada per una possibile vittoria di Girardengo che sta correndo in un gruppetto di testa con alcuni suoi fidati gregari, tra cui un altro campione, Learco Guerra.
Ad Andora il gruppetto di testa che passa è composto da 14 corridori.
La foto del passaggio ad Andora riprende il gruppetto in fuga, con Learco Guerra in testa e Costante Girardengo con il cappellino bianco.
All'arrivo a Sanremo, la rottura del manubrio contribuirà ad ostacolare la volata di Girardengo, che arriverà solo quinto, mentre la gara sarà vinta da Michele Mara.
Un ringraziamento speciale
al Dott. Carlo Delfino,
grandissimo appassionato ed esperto di storia del ciclismo,
che con le sue preziosissime ed inaspettate informazioni mi ha permesso di ricostruire questo ricordo andorese da una semplice foto,
altrettanto preziosamente conservata da Marino.
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ANDORA ..... FORSE
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Una fotografia, piuttosto rara, e rinvenuta in esemplari viaggiati datati nei primissimi anni del Novecento, viene ritenuta una delle più antiche, rappresentante uno scorcio del territorio andorese.
Essa ritrae uno scorcio attribuito al corso del torrente Merula in territorio andorese.
Tuttavia, ciò appare piuttosto discutibile, o almeno di dubbia collocazione, in quanto sulla destra del corso d’acqua e dell'immagine si notano, tra gli altri particolari:
- un campanile con tetto di forma piramidale tra la vegetazione, ad un livello pressochè pianeggiante rispetto all'argine del corso d'acqua;
- a destra e più in alto del campanile si ergono alcuni corpi di fabbrica che darebbero origine ad una sorta di borgata.
Deve essere precisato che da una analisi dell'immagine ingrandita, si riscontra che tali particolari sono effettivi e definiti in contorni e dettagli e non si tratta invece di macchie, scoloriture, graffi, ecc..
Analizzando la presenza delle Chiese Parrocchiali sul territorio non solo andorese, bensì esteso all’intera vallata del Merula (territori di Stellanello e Testico), si può notare come le uniche chiese presenti, in termini di prospettiva, ad un livello altimetrico equivalente a quello degli argini del corso del torrente e limitrofi lo stesso, siano individuabili in territorio andorese nelle Chiese di San Giovanni Battista, San Pietro e San Bartolomeo e in territorio stellanellese nelle Chiese di San Francesco d'Assisi e di San Lorenzo, senza fare distinzioni di riva sinistra o destra.
Le Chiese di San Pietro e San Bartolomeo hanno entrambe il campanile con tetto non piramidale.
La Chiesa di San Francesco d'Assisi ha un campanile di costruzione relativamente recente, mentre delle due restanti (San Giovanni Battista e San Lorenzo) solo San Giovanni Battista ha nei dintorni dei nuclei edificati su versanti collinari adiacenti, corrispondenti alle borgate Canussi e Confredi.
Tuttavia, entrambe queste ultime sarebbero in una posizione piuttosto spostata rispetto a quanto fotografato e non congruente.
Inoltre, i profili delle alture sullo sfondo e del poggio antistante non corrisponderebbero a quello effettivo della zona alle spalle della Chiesa di San Giovanni Battista.
Poiché la posizione riconducibile allo scatto dovrebbe essere un tratto del Torrente Merula a monte rispetto al ponte medievale e circa di fronte alla Villa Stampino, anche considerando uno spostamento dell’alveo torrentizio, potenzialmente avvenuto in oltre un secolo dalla data della fotografia, resta l’incongruenza relativa alla consistenza e posizione dell’edificato e la conformazione del crinale collinare.
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PIETRO BOINE
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Pietro Boine nasce il 20 settembre 1890 ad Andora.
Figlio secondogenito di GioBatta, trentenne impiegato ferroviario nella tratta Savona – Ventimiglia, domiciliato ad Andora, e della propria moglie Irene Benza.
Il primogenito, Giovanni, nato a Finale Marina nel 1887, letterato che sarà esponente di spicco e pioniere del “Modernismo”.
Irene, durante uno spostamento in treno, fu costretta dal travaglio a scendere presso la Stazione di Andora, e qui sorretta ed accompagnata nella vicina Locanda della Stazione (di proprietà Aicardi, che compare quale testimone nell’Atto di nascita), dove Pietro venne alla luce.
La mamma di Pietro, rimasta successivamente vedova, e risposatasi, proseguirà la propria vita famigliare, insieme alla figlia (sorella minore di Pietro), in una casa in affitto a Porto Maurizio, assistendo al cambiamento socio-economico della propria famiglia, soggetta ad un progressivo impoverimento, dopo la vendita della grande villa e dei vasti uliveti ereditati dal nonno materno.
Il giovanissimo Pietro studia al Ginnasio e a 13 anni si imbarca su un mercantile, con il sogno di diventare un commerciante, ma restando relegato all’attività di mozzo.
Non contento, torna presto in famiglia e, prima dei vent’anni, per motivi economici si trasferisce in Francia, affrontando diversi lavori, sino a giungere a Parigi, dove conosce il movimento pugilistico sportivo, innamorandosene immediatamente.
Tornato in Italia, a Milano insieme al maestro Celestino Caverzasio, fonda il Club Pugilistico Nazionale.
Mancino, longilineo, alto, in possesso di un fisico invidiabile, dopo essersi cimentato in vari combattimenti con ottimi risultati, domenica 10 luglio 1910, a Valenza Po, Pietro Boine affronta sul ring Antonio Ferranti, per il titolo di Campione Assoluto (senza cioè distinzioni di peso) del Nord Italia.
Alla terza ripresa mette KO l’avversario laureandosi “campione” e, senza saperlo (e non lo saprà mai, perché il riconoscimento arriverà solo dopo anni dalla sua morte), diventa il primo Campione Italiano dei pesi massimi.
Nel 1911, Pietro inizia anche a tirare di scherma, seguito dal grandissimo maestro Giuseppe Mangiarotti.
Il 15 giugno 1912, a Milano, Pietro Boine vince nuovamente il titolo di “campione” dell’Alta Italia, questa volta suddiviso in tre categorie di peso, sconfiggendo in sei riprese Alessandro Valli.
Cerca nuovi stimoli viaggiando in Francia, dove sostiene vari incontri con risultati alterni.
Durante uno di questi incontro, nella primavera del 1913, riportò una frattura che lo costrinse a ricorrere ad un intervento chirurgico di risultato non soddisfacente.
Torna in Italia nel 1913, dove tra l’altro affronta Eugenio Pilotta a Milano, per il titolo di “campione”, incassando una sconfitta alla quinta ripresa dell’incontro.
Il 23 dicembre dello stesso anno, sul ring allestito al “Filodrammatici” di Milano, Pietro sfida Pilotta per la rivincita, pure non essendo in buone condizioni di salute, in quanto debilitato da un’infezione di tifo non curata.
Nonostante il parere contrario del suo amico Giuseppe Mangiarotti, decide di combattere.
Dopo l’inizio promettente nella prima ripresa, Pietro va in difficoltà, e privo di energie, alla terza ripresa per non cadere sotto i potenti e ripetuti colpi dell’avversario, si aggrappa alle corde, fino al momento in cui l’arbitro, il cronista della Gazzetta dello Sport Arturo Balestrieri, decreta il KO tecnico.
Lo stesso giornalista scrisse dell’ultimo affondo incassato: “Se non uccise un corpo, però, uccise un’anima ed una gloria”.
Pietro Boine non si riprese più, morendo il 28 gennaio 1914, a soli 23 anni, presso la Clinica San Giuseppe a San Vittore, a causa di un violento attacco di tifo.
Riposa nel cimitero di Porto Maurizio a Imperia, a fianco del fratello Giovanni (mancato prematuramente nel 1917), dopo l’avvenuta traslazione delle proprie spoglie da Milano (a cura del fratellastro Pietro Giovanni nel 1984).
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