SICCARDI - Andora nel tempo

iniziativa ideata e realizzata da MARIO VASSALLO
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SICCARDI


SICCARDI MARKET - TABACCHERIA - (1822)
(Testo di Mario Vassallo - Foto Ovidia Siccardi e per gentile concessione Famiglia Siccardi - Beltrame e Iva Gianvito Pettinella)

MOLINO NUOVO E LA FAMIGLIA SICCARDI

(Mario Vassallo)
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Ricostruzione effettuata per sovrapposizione tra Mappa Catasto Napoleonico e foto aerea GoogleEarth


Molino Nuovo è tra le antiche Borgate quella di origine più recente, essendosi formata a partire dalla fine della seconda metà dell’Ottocento.
Sino a tale periodo, infatti, la Borgata Duomo comprendeva un po’ tutta l’area territoriale fino all’alveo del Torrente Merula; le case che costituiscono oggi Molino Nuovo non esistevano e anzi, la sponda dell’alveo stesso del torrente oltre le stesse, bene oltre l’attuale strada via Molineri ed in prossimità dell’incrocio con “u Besàgnu” era presente un isolotto fluviale.
Nel Settecento, Angelo Maria Anfosso costruisce un mulino da grano (testimoniato già nel 1750) che Gio Batta Anfosso in procura del padre Angelo Maria affida in affitto a Giuseppe Siccardi nel 1798.
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“Nel nome del Signore Iddio sia
Il cittadino Giò. Batta Anfosso del cittadino Angelomaria come Procuratore del detto citt.o suo Padre alla forma del suo mandato di procura, che dicesi rogato dal Not.o Giuseppe Gaggino l’anno 1798: 6: Giugno colla facoltà alle cose inf.to
constituito alla presenza di me Not.o e de testimoni inf.ti
spontaneamente ed in ogni miglior modo
valendosi della facoltà conferitale in sudetto instrumento di procura, o’sia estendendo il suo voto dichiara di voler avere la facoltà alle cose inf.te
Sucessivamente appiggiona, ed a’ titolo di locazione dà, e concede al c.o Giuseppe Siccardi di Angelomaria presente, che accetta un suo molino da grano denominato il molino nuovo situato nel distretto di questa Borgata del Domo in vicinanza della fiumara sotto suoi notorii confini, ad avere, godere, tenere, e possedere al detto titolo, per anni quatro prossimi avvenire principiati di 25: dal corrente, il possesso, per l’annua piggione di lire trecento m.ta di Genova corrente g.ni c.co, quali lire trecento annue esso Siccardi promette dare, e pagare al detto Anfosso di sei in sei mesi d’ogni anno, ed infine di ciascun’anno durante detta locazione, in pace, e senza lite sott’obligo
col passo appresso che detto Anfosso debba fabricare un sito sopra detta casa del molino tosto che potrà, e fratanto che debba servirsi esso Siccardi d’unna porzione della casa di Terrusso
col patto altresi che detto Siccardi debba mantenere le bialere, ed attrezzi di detto molino nel stato, che si ritrovano al presente in tutto come dall’inventaro fatto dal Not.o Angelo Garassino di mastro Antonio di consenso delle parti, quale è del tenore seguente cioè
una ruota £ 140:0:0
albero di detta ruota £ 30:0:0
canale, e canalotto £ 4:0:0
……”

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Nell’atto stipulato dal Notaio Guardone, si fa riferimento a “un suo molino da grano denominato il molino nuovo situato nel distretto di questa Borgata del Domo in vicinanza della fiumara sotto suoi notorii confini”.
L’accordo contrattuale prevede anche che Anfosso si impegna a dotare il molino di un ulteriore piano da destinare in parte all’abitazione del Siccardi.
La famiglia Anfosso, un tempo proprietaria del mulino a vento ormai in disuso (considerato il “mulino vecchio”), posizionato sul Poggio Ciazza costruisce, quindi, un “mulino nuovo” e tale evento segna probabilmente l’indicazione dei nomi in modo talmente marcato che il luogo stesso prende una nuova denominazione di riferimento nell’uso popolare diventando il “molinovo” (“u muŗinövu”).
Il “molino nuovo” sorge direttamente all'interno del greto del torrente Merula, non lontano dalla Villa Musso.

All'inizio dell’Ottocento, avviene un evento calamitoso di enorme entità che crea piogge torrenziali, smottamenti, frane e deviazione di alcuni tratti del torrente, il quale con i suoi straripamenti porta via interi edifici e modifica l'andamento e la posizione dell'alveo del torrente Merula.
 
In particolare, distrugge accentuatamente il “molino nuovo” degli Anfosso, gestito dalla famiglia Siccardi, il quale viene rapidamente ricostruito ed ampliato, mantenendo la precedente gestione.
 
E’ tale evento che genera la delimitazione delle nuove “linee arginali” del torrente Merula, che vengono cartografate nelle mappe del “Catasto Napoleonico”, con indicazione degli isolotti fluviali all’interno dell’alveo.
 
A seguito delle modifiche territoriali dettate dai ripetuti straripamenti torrentizi, quando vengono effettuate le mappe napoleoniche nel 1811, si riscontra uno di questi isolotti in particolare, che in quegli anni passa di proprietà alla famiglia Siccardi.
 
In tale periodo, come rappresentato sulle mappe catastali napoleoniche, compare già quello che sarà il “gumbo di Rafè”, una recente costruzione della proprietà della famiglia Musso, mulino ad acqua servito dalla “beŗa”.
I Siccardi, nel giro di pochi anni, edificheranno un nuovo “gumbo”, un nuovo “molino nuovo” sulla loro proprietà, in prossimità di uno slargo che veniva utilizzato per la lavatura delle materie prime, diversificando stabilmente il proprio operato con l’attività di “bottegai” a partire dal 1822 (attività alternativa e provvisoria che era stata intrapresa parallelamente per attenuare la pesante perdita dovuta al danneggiamento dell’originario “mulino nuovo” degli Anfosso).
 
Il nuovo “gumbo” soffre periodicamente i capricci del torrente Merula, il quale talvolta straripa “isolandolo” in mezzo al corso d’acqua e rendendolo raggiungibile mediante una tipica “sĉcianca” (cioè una sorta di pontile/passerella in legno), che nei periodi “di normalità” viene utilizzata come semplice rampa di manovra per le operazioni di movimentazione dei carichi (soluzione parzialmente presente anche nel non lontano “gumbo di Zanzi” - ex "gumbo Anfosso" un tempo gestito dai Siccardi).
 
Ma il territorio nei dintorni sta cambiando, venendosi a creare un progressivo fenomeno di interramento/riempimento che riduce un tratto di alveo del Merula, consolidando ed ampliando la continuità dell’estensione terriera ai piedi della borgata del Duomo, creando la superficie degli appezzamenti terrieri sui quali, tra pochi decenni, sorgerà gradualmente, ma in modo rapido, la nuova borgata di Molino Nuovo.
 

L’attività di frantoiano è quella commerciale prevalente nell’entroterra, dove si sfruttano le risorse idriche rappresentate dall’alveo del torrente Merula e dei fossati laterali che scendono dalle varie vallette.
Il Merula condiziona la vita agricola, perché spesso straripa, inondando i terreni coltivati: i proprietari ed utilizzatori hanno imparato a convivere e sfruttare le periodiche esondazioni, come anticamente avevano fatto altri popoli, traendo giovamento ed utilità da fenomeni periodici che sarebbero stati diversamente solo dannosi per la sopravvivenza in luoghi pianeggianti lungo i corsi d’acqua.
L’abbondanza di “prese” idrauliche favorisce il proliferare dei “gumbi”, che in queste zone possono alternare, e talvolta sostituire, la forza motrice animale con quella garantita dei flussi idrici.
Nascono così vari frantoi, tra loro anche piuttosto vicini, e nella zona ai piedi della borgata Duomo si verifica un incontro di situazioni che agevolano l’opera di tali attività: il torrente Merula, la “beŗa”, ovvero la canalizzazione proveniente da Stellanello che alimenta tutti i “gumbi” sulla riva a ponente del Merula stesso, il rio Duomo con la “piccola beŗa” che scende dalla valletta di Duomo.
Senza dimenticare il non lontano rio Negri e la canalizzazione che da esso diparte, che pure alimenta almeno un paio di “gumbi” nella zona di fronte alla borgata Duomo, sul versante opposto al torrente, tra le borgate Negri, Costa dei Galleani e Metta, nelle vicinanze della Chiesa Parrocchiale di San Pietro.
In questo modo, oltre a “gumbi” famigliari, di ridotte dimensioni, nascono e lavorano il frantoio dei Musso (ex “gumbo di Rafè”) poco lontano e di fronte al “molino nuovo” dei Siccardi, il “mulino di Zanzi” (ex "gumbo Anfosso" un tempo gestito dai Siccardi e successivamente noto come “gumbo di Testa”) ed un altro mulino, poco entro la valletta di Duomo.
Il frantoio dei Musso è alimentato dalla “beŗa”, il “molino nuovo” dei Siccardi è alimentato direttamente dal torrente Merula, quello “dei Zanzi” è alimentato dalla “beŗa” e dalla “piccola beŗa” che scende parallelamente al rio Duomo, la quale alimenta anche il mulino immediatamente più a monte.
Intorno a questa rete di frantoi, si sviluppano gli insediamenti abitativi, spesso strettamente legati alle conduzioni delle attività svolte: la borgata Duomo si estende fino a “u Besàgnu”, con l’edificio che ripercorre Villa Musso e le case che determineranno “u Giardìn” (ex Caserma dei Carabinieri).
 

Caserma dei Carabinieri nella zona chiamata "u Giardìn"

Ma non esiste ancora Molino Nuovo e siamo già alla prima metà dell’Ottocento.
La famiglia Siccardi è numerosa, un po’ come tutte le famiglie dell’epoca ed al proprio interno ha due “ramificazioni”: una più “commerciale” ed una più “contadina”.
Il “ramo commerciale” risiede tra Duomo e Costa dei Galleani (che nella prima metà dell’Ottocento è la Borgata edificata più grande della zona dopo Duomo), mentre il “ramo contadino” si stanzia tra “Murteu” (Moltedo) e “Ciàn rùssu” (Pian Rosso), salvo emigrare successivamente dal territorio andorese.
Nella conduzione del “molino nuovo”, affidata dagli Anfosso ai Siccardi, a Giuseppe Siccardi succede il figlio Francesco (che sarà indicato sull’atto di morte quale “gabellotto” proprio in virtù dell’occupazione lavorativa esercitata).
Dopo l'avvenuta parziale distruzione e successiva ricostruzione ed ampliamento del "mulino nuovo" degli Anfosso, con la remunerazione di tale attività il ramo della famiglia Siccardi (già abitante nei dintorni), ricostruisce il "molino nuovo" e vi si stabilisce in modo fisso e, con Angelo (figlio di Francesco), nel 1822 diventano stabilmente “bottegai” e successivamente “tabaccai”.
L’attività di frantoiani sarà cessata dalla famiglia Siccardi intorno al 1845 per dedicarsi esclusivamente a quella di bottegai, e con i proventi delle due attività viene portata avanti l'ampliamento e la trasformazione (iniziata circa nel 1835) del "mulino nuovo" in quello che diventerà il "Palazzo Siccardi", sul podere di proprietà che intanto diventa stabilmente parte della “terraferma” a causa di altre modifiche territoriali conseguenti a ripetuti eventi alluvionali.
Sarà completato nel 1870, dando il via alla nascita dell’edificazione che porterà alla formazione della borgata di Molino Nuovo, giungendo pressochè intatto fino ai giorni nostri con la sede dell’Ufficio Postale per un periodo, e la storica rivendita di alimentari-tabacchi-pasticceria di Angioletto "u Ciŗinèu".


Il "Palazzo Siccardi" nei primissimi anni del Novecento
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LA FAMIGLIA SICCARDI
E LA "BOTTEGA" DI MOLINO NUOVO
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La storia della Famiglia Siccardi è strettamente legata a quella della Borgata di Molino Nuovo e alla sua nascita, perché Giuseppe Siccardi fu il primo “conduttore” del “mulino nuovo” (1798) costruito dagli Anfosso; fu il Palazzo Siccardi il primo edificio residenziale (ultimato nel 1870) intorno alla quale nacque e si sviluppò l’intera Borgata di Molino Nuovo; sempre della famiglia Siccardi fu la più antica “bottega” andorese che è giunta sino ai giorni nostri.

Angelo “Angioletto” Siccardi (classe 1922) raccontò che suo nonno Angelo (classe 1855, mancato quando “Angioletto” aveva soli 4 anni) invitò il proprio figlio a chiamare il nipote con il nome di Angelo, poiché sarebbe nato esattamente 100 anni dopo che venne aperta la bottega di Molino Nuovo e, caso particolare, fondata proprio nel 1822 da Angelo Maria Siccardi (classe 1796, nipote del Giuseppe Siccardi primo locatore del "mulino nuovo"), nonno di Angelo Siccardi (classe 1855), nonno di Angioletto Siccardi (classe 1922).
L’originaria attività di “bottegai” viene affrontata grazie alla remunerazione proveniente dalla precedente e contemporanea (più per poco) attività di conduttori del “mulino nuovo” nella prima metà dell’Ottocento.
Con gli introiti di entrambe le attività svolte, la famiglia riesce a costruire un altro "molino nuovo", poi trasformandolo nel Palazzo Siccardi, che sarà ultimato nel 1870, dopo aver assunto anche l’attività di “tabaccai” grazie ad una Regia Licenza Albertina.
In tale anno la “bottega” viene trasferita nei locali che occupa ancora oggi.
Dal 1822, l’attività legata alla “bottega” viene tramandata in famiglia e nel 1958 giunge ad “Angioletto” – “u Cirinèu”, che negli anni, insieme alla moglie Amelia, rappresenterà ininterrottamente vendita di generi alimentari, giornali, monopoli e tabacchi e le indimenticate “paste”: i dolci gelosamente e golosamente di “Angioletto”, fatti direttamente ed esclusivamente da lui, in un forno posizionato in locali sul retro del Palazzo Siccardi e che verrà spostato in epoca più recente nei locali d’angolo verso mare e prospicienti la via G. Molineri, in quello che sarà identificato come il “forno nuovo”.



Nel 1992 subentrano anche la figlia Renata e il nipote Paolo Beltrame, che compartecipano nell’attività, mantenendone la caratteristica conduzione famigliare, i generi di vendita e la denominazione ormai storica di “Market – Tabaccheria Siccardi”.



Attività nata nel 1822, praticamente esistente da due secoli, ha mantenuto inalterati nel tempo l’appartenenza all’ambiente di Molino Nuovo, probabilmente avendo contribuito attivamente allo sviluppo della borgata stessa, finendo per essere un punto di riferimento locale.
Nata al termine dell’epoca Napoleonica, resistendo e attraversando la quotidianità del Regno dei Savoia, l’Unità d’Italia, le due Guerre Mondiali, lo sviluppo economico dall’ultimo dopoguerra, la trasformazione di Andora da paese contadino a cittadina turistica, l’intensa trasformazione di Molino Nuovo degli ultimi decenni.
In tutto questo lungo periodo l'attività è rimasta negli stessi luoghi, curata dalla stessa famiglia, mantenendo la propria identità ed osservando tutto il cambiamento che è avvenuto intorno, ricordando e rispettando la sua origine di due secoli fa.


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LA FAMIGLIA SICCARDI
LA FAMIGLIA SICCARDI
CONTRATTI E LICENZE
Nella galleria fotografica seguente, l'occasione del matrimonio di Rosangela Siccardi, celebrato da Don Ambrogio Perato nella Chiesa Parrocchiale di San Pietro, permette di "incontrare" la vecchia Molino Nuovo, con la presenza di molti componenti delle antiche famiglie del posto, provenienti e abitanti in allora nelle Borgate di Molino Nuovo e Duomo.
MATRIMONIO DI SICCARDI ROSANGELA
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